Nel caso Morosini, dopo la conferma dei periti, arriva quella del giudice per le indagini preliminari.
“Caotica, inefficace e incrongrua” assistenza medica prestata al calciatore del Livorno.
“Sei minuti di follia”.
“Secondo la superperizia [il defibrillatore] avrebbe potuto salvare il calciatore”.
“Ogni medico è chiamato a detenere….il valore insostituibile del defibrillatore”
“il valore cruciale [del defibrillatore] nell’influenzare le chance di sopravvivenza della vittima”
“[il medico del 118] ha i maggiori profili di censurabilità comportamentale in quanto avrebbe dovuto assumere il ruolo di leader nei soccorsi”.
In sintesi
Il defibrillatore ANDAVA usato e forse, proprio in questo caso, avrebbe potuto fare la differenza vista che la patologia di Morosini era proprio una di quelle per cui il defibrillatore può fare la differenza tra vita e morte
I medici del Pescara e del Livorno hanno si una responsabilità in quanto medici ma la responsabilità principale è del medico del 118 che avrebbe dovuto assumere le redini dell’evento, mandare tutti via e fare quello che andava fatto
Nel caso Morosini, quello che già si sapeva da tempo è stato confermato oggi dai periti nominati dal Gip: “[i medici presenti avrebbero] dovuto ricercare il defibrillatore semiautomatico esterno e, una volta identificatolo, saperlo impiegare immediatamente per gli scopi sopracitati, sfruttando così l’incomparabile opportunità di intervenire precocemente mediante defibrillazione esterna in un momento in cui la probabilità di pieno recupero del circolo cardiovascolare è massima. Tale omissione diagnostica-terapeutica, pertanto, riveste ruolo causale nel determinismo dell’exitus di Morosini”.
Traducendo, il DAE c’era, dovevate usarlo e se lo usavate molto probabilmente Morosini si salvava.
Ed è stato anche accolto quello che dicevo fin dall’inizio, cioè che i due medici sportivi magari neanche ricordavano più a cosa serviva un DAE ma che quello che avrebbe dovuto invece gestire correttamente la scena era il medico del 118 che, benchè intervenuto più tardi, era l’unico che aveva le vere competenze per mettere in ordine il casino che è poi stato l’intervento su Morosini. Ma anche lui è andato, diciamo, nel pallone e infatti per i consulenti del gip il medico responsabile del 118 «ha rivestito il ruolo più delicato ed a lui sono addebitabili i maggiori profili di censurabilità comportamentale. Infatti, pur intervenendo in un momento successivo rispetto ai primi due medici, si deve a lui riconoscere, tuttavia, il ruolo di leader che egli avrebbe dovuto assumere, procedendo immediatamente alla ricostruzione degli atti di soccorso praticati dai colleghi, immediatamente riconoscendo l’assenza di impiego del defibrillatore ed operandone l’impiego ad un tempo in cui una defibrillazione esterna si sarebbe associata ad una probabilità di sopravvivenza ancora piuttosto elevata».
Ieri ha fatto scalpore la notizia della morte, sul campo da gioco, del calciatore di serie B Piermario Morosini. Evento tragico che però mi ha lasciato alquanto perplesso, non tanto per l’evento di per se, ma per il come è stato gestito dai sanitari e dai soccorritori presenti sul luogo e che è stato ampiamente commentato nel precedente articolo.
Ora, coincidenza ha voluto che lo stesso giorno un altro giocatore, Massimo Proietti, questa volta non nella blasonata serie B ma nella categoria amatori, in un altro campo, alla periferia di Piacenza, ha avuto un evento simile a Morosini.
Anche in questo evento parallelo, il giocatore si è accasciato di colpo a terra. Solo che, in questo caso, il giocatore ha avuto, si fa per dire, la fortuna di accasciarsi in un campo dotato di defibrillatore e di personale formato a tali eventi. Inoltre subito è accorso, oltre ai soccorritori formati correttamente, anche il vicepresidente della squadra avversaria, anch’egli medico. Proietti, in arresto cardiaco, è stato subito defibrillato ed il suo cuore ha ripreso a battere ancor prima dell’arrivo dell’ambulanza.
Attualmente è ricoverato in prognosi riservata ma è ancora vivo, al contrario di Morosini.
Certo, i due eventi non possono essere messi a confronto relativamente alle eventuali patologie magari diverse nei due giocatori ma sicuramente questa fortuita coincidenza da una forte risposta a chi asserisce che: “vabbè, tanto era già morto”.
Anche Massimo Proietti era già morto ma una corretta RCP e una defibrillazione precoce lo hanno riportato alla vita, possibilità che è stata negata a Morosini.
Nella città nella quale lavoro, spiace dirlo, ma il BLSD…questo sconosciuto. RCP di qualità e defibrillazione precoce….ma dov’è???
Erano presenti medici sportivi, un equipaggio di emergenza, un defibrillatore, addirittura un primario di emodinamica. Cosa dicono le linee guida? Che la cosa fondamentale è iniziare immediatamente le compressioni toraciche e NON INTERROMPERLE MAI. L’interruzione delle compressioni toraciche è talmente deleteria che le linee guida suggeriscono, ove possibile, di iniziare nuovamente le compressioni durante la carica del defibrillatore e prima della scarica. Cosa dicono le linee guida? Appena disponibile un defibrillatore, scaricare immediatamente e riprendere immediatamente le compressioni toraciche
Eravamo in mezzo ad un campo con migliaia di persone e la TV. Embè, per questo facciamo tutto sbagliato? Il defibrillatore poteva essere attaccato dopo uno o due minuti, quando è stato attaccato? Dentro l’ambulanza? Dopo cinque, sei o più minuti?
Questo è il video di una parte dell’evento.
Questo è l’algoritmo della rianimazione cardiopolmonare avanzata secondo le linee guida ILCOR 2010
Vi voglio solo far notare che, se in uno schema sintetico troviamo scritto più volte: “Ridurre al minimo le interruzioni”, “riprendere immediatamente la RCP (rianimazione cardio polmonare)”, “garantire RCP di ALTA qualità”, “somministrare ossigeno” un qualche motivo ci sarà.
Nel caso di Morosini, avete visto fare qualcosa di questo schema sopra che, con lievi differenze, tutti i soccorritori devono seguire? No, a parte qualche compressione sul torace giusto perchè sembra brutto non farle, sembra che la cosa più importante sia stata: “Carichiamolo in ambulanza e andiamo via”.
Cosa bisognava invece fare: “Massaggiare e defibrillare, massaggiare e defibrillare, massaggiare e defibrillare” finchè non arrivava un medico con la parte farmacologica ma sempre continuando a “massaggiare e defibrillare”.
Capita spesso di arrivare su un arresto cardiaco dopo oltre dieci minuti, quando, spesso, non c’è più niente da fare eppure massaggiamo e defibrilliamo per dieci, venti e anche un’ora e mi fa rabbia vedere casi in cui c’era la possibilità di tentare almeno di fare qualcosa e non farla. Magari non c’era lo stesso niente da fare, magari l’autopsia rileverà un’aneurisma o una dissezione aortica ma fa rabbia vedere che non c’hanno neanche provato.
E vogliamo parlare dell’auto dei vigili che ha bloccato l’ingresso dell’ambulanza. Sono daccordo sull’inciviltà ma, in questo caso, non avrebbe cambiato nulla perchè l’ambulanza serviva molto ma molto dopo, dopo dieci, venti, mezz’ora e anche più di RCP e defibrillatore. Forse Pescara è rimasta indietro a 20 anni fà ma lo “scoop e run” il prendilo e portalo via il più presto possibile non esiste più. Ora si tenta di stabilizzare il paziente in situ e solo quando dopo, ma molto dopo si opta per una, questa volta si inutile, corsa verso il pronto soccorso.
E’ triste morire cosi giovani, ma è altrettanto triste vedere professionisti o presunti tali che o vanno nel pallone o non sanno veramente cosa fare.